Meccanica dei solidi
Puntoeacapo editrice, 2021
Pro-memoria sull’esistenza del coraggio
Dalla prefazione di Paolo Ruffilli:
L’attraversamento del limite
“Meccanica dei solidi”. Mai titolo poteva essere più indovinato per questo libro, nel dettaglio del particolare e nell’estensione simbolica della definizione. Non solo perché di meccanica dei solidi si sta parlando mentre avviene l’accadimento della prima poesia, ma anche perché gli avvenimenti di tutti i testi della raccolta hanno a che fare con lo stesso processo. La meccanica dei solidi, in fisica, è la parte della meccanica che riguarda lo studio delle stato di tensione e di deformazione dei corpi solidi al fine soprattutto di evidenziarne i limiti di resistenza al variare delle condizioni di carico: forze esterne che vengono a produrre cambiamenti più o meno consistenti. E, in queste pagine, l’azione violenta di qualcuno e di qualcosa viene a forzare appunto i limiti di resistenza di corpi, corpi umani, fino a produrre quel cambiamento di stato estremo che è il passaggio dalla vita alla morte […]
Dalla postfazione di Giancarlo Pontiggia:
L’ago della bilancia
[…] Ciascuno dei protagonisti è sollecitato dagli eventi a una scelta decisiva, in cui è in gioco l’idea stessa di umanità. E certo non è un caso che tutte le figure che popolano la galleria poetica di Raffaela rispondano in un solo modo, senza esitazione: sotto questo aspetto, La meccanica dei solidi è anche un libro di exempla, tanto più intensi quanto più provengono da uomini qualsiasi, alieni da ogni forma di eroismo plateale o di deteriore protagonismo. Ma è proprio questa scelta, come leggiamo negli ultimi versi della poesia conclusiva (Due forze), a spostare «di tre quarti d’oncia / l’ago della bilancia». Ciò che resta, nel venir meno della vita, è la nudità dell’anima che si specchia in se stessa.
C’è molta Storia, in questi racconti: c’è la seconda guerra mondiale (In acque calme), ricordata anche nei suoi episodi più efferati, dall’esperienza dei campi di concentramento (Aula 204) alla pratica della decimazione (Lo scambio); e c’è il terrorismo ideologico (The man in the red bandana; L’ostaggio). Ma c’è anche la potenza minacciosa della natura (Montgomery Lake; And may be so me time; Cantiere d’acqua; Raggio d’azione). E c’è la violenza individuale (Una casa), l’incidente fatale che s’impone con furia improvvisa (Gravità; Il carico; Due forze). Quel che però più colpisce il lettore è la finezza con cui il poeta affronta ogni singola vicenda: ed ecco Oates, un «corpo così grande», che «si affida alla tormenta / perché lo renda / piccolo / tanto da non sentire» (And may be so me time); o Welles Crowther, che sembra affidarsi al suo fazzoletto rosso («regalo di suo padre / di quando era bambino») come a un talismano (The man in the red bandana); o «la calma / di una benedizione» che vince miracolosamente, come in una tavoletta di ex voto, le turbolenze marine nell’ora della grande prova (In acque calme); o il patetico dettaglio di chi, offrendosi come «scudo umano», all’improvviso vede casa sua, una moglie che lo aspetta, una cena apparecchiata dove «fino a ieri / facevano progetti» (L’ostaggio). Raffaela Fazio non si limita a raccontare, ma interroga ogni vicenda alla ricerca di un senso, che infine non è altro che il potere del bene contro il male della storia o la fatalità degli eventi naturali: non c’è retorica, in questi versi, che si offrono nella nudità, quasi disarmata, del vero, di ciò che è realmente accaduto, e si sottrae perciò alle forme corrosive dell’ironia o dell’incredulità. Raffaela Fazio crede nell’uomo, e per questo può scegliere una parola che vada dritta alle cose, e che sappia far sentire, nel visibile di ciò che accade, l’invisibile del cuore.
***
Poesie
Il capitano Lawrence Oates partecipò alla Terra Nova Expedition, spedizione britannica pianificata e condotta nel 1910 da Robert Scott con l’intento di raggiungere il Polo Sud, dove gli inglesi arrivarono il 17 gennaio 1912, preceduti però dall’esploratore norvegese Roald Amundsen, che aveva raggiunto quella meta circa un mese prima. Nel viaggio di ritorno dal centro del Polo Sud, le condizioni di Oates iniziarono a peggiorare a causa del congelamento e dello scorbuto, che riacutizzò le vecchie ferite di guerra. La sua grande stazza fisica rendeva inoltre più pesanti e rapide le conseguenze della denutrizione. Per non rallentare la marcia dei tre compagni (uno era già morto), Oates chiese loro di lasciarlo indietro, ma essi rifiutarono. La mattina del 17 marzo 1912, febbricitante, si mise a fatica le scarpe e uscì dalla tenda durante una violenta tempesta di neve, a -40° C. Cosciente di andare incontro alla morte, ai compagni disse: “I am just going outside and may be some time”. Il suo corpo non venne mai trovato. Scott e gli altri proseguirono il viaggio, ma neppure loro sopravvissero. Gli eventi di questa vicenda furono appuntati da Scott nel suo diario.
And may be some time
Pensava che il risveglio non giungesse.
Invece la notte si è offerta
al bianco assoluto feroce
che si raccoglie
sulle ciglia e dentro le narici.
Lo scorbuto ha riaperto le ferite.
La febbre la fame
gli lasciano appena
la forza di stringere i lacci.
Ma il corpo così grande
è impedimento
sul ghiaccio tra i crepacci.
Sa che gli altri
non lo lasceranno.
Li osserva nella tenda
(per loro ancora spera).
I am just going outside and may be some time.
Fuori, quaranta sotto zero
e la sconfinatezza della fine.
Si affida alla tormenta
perché lo renda
piccolo
tanto da non sentire:
feto nel grembo di gelo che lo prende
per poi sparire.
*
Durante la seconda guerra mondiale, George L. Fox, pastore metodista, Alexander D. Goode, rabbino, Clark V. Poling, ministro riformato, e John P. Washington, sacerdote cattolico, erano i quattro cappellani a bordo della Dorchester, nave per il trasporto delle truppe partita dal Canada e diretta in Inghilterra. Nella notte tra il 2 e il 3 febbraio 1943, favoriti dalla buona visibilità dovuta alla calma delle acque dopo una tempesta, alcuni siluri lanciati dal sommergibile tedesco U-223 centrarono la Dorchester, che di lì a poco colò a picco. Su 921 persone, 227 si salvarono. I cappellani sono ricordati per la calma e per il coraggio con cui cercarono di assistere e di confortare i soldati; nessuno di loro esitò a cedere il proprio giubbotto di salvataggio.
In acque calme
Quanto conta
la squama dentro un ventre
di balena?
Fin dove si risale
se il buio non ha uscita
ma solo una pendenza?
A quale dio mostrare
da vicino
lo squarcio di tribordo?
Le corde
sui fianchi della nave
le tubature rotte
i corpi soffocati
dai fumi di ammoniaca
e quelli già annegati?
Cos’è che tiene a galla
se il nulla avvolge tutto?
Se il mare è sopra e sotto
qual è il peso
(rispetto alla sua massa)
che ha il giubbotto
di un uomo che lo passa
togliendolo di dosso?
Da quali abissi viene
nell’ora della fine
la calma
di una benedizione?
*
Durante la seconda guerra mondiale, Marianna Biernacka fu fucilata il 13 luglio 1943 a Naumowicz presso Grodno (attualmente in Bielorussia), dove era stata condotta dai tedeschi insieme al figlio Stanislaw, a seguito di un arresto di massa avvenuto tredici giorni prima a Lipsk, come rappresaglia per l’uccisione di un soldato tedesco. Marianna aveva chiesto di prendere il posto della nuora Anna, incinta di otto mesi e madre di una bambina di due anni. Lo scambio fu accettato. Marianna aveva 55 anni.
Lo scambio
Scrivere, leggere, sa farlo appena.
La terra però
la conosce bene
nella durezza, nelle stagioni.
Contare, quanto basta.
Ogni sottrazione
l’ha appresa dalla sorte.
Due figli rimasti, quattro morti.
Ma ora si prende la rivalsa.
C’è chi dice che la legge
è questa proporzione uno a dieci.
Allora lei contratta coi soldati.
Bara e ci riesce:
la sua vita vissuta
per due ancora fresche.
Davanti al drappello
(come quando tastava le zolle)
già sente che spunta
qualcosa dal sangue
˗ non solo da quello
di chi, gridando, partorisce.
*
Una donna, rimasta anonima nei mass media, ha perso la vita il 3 agosto 2018, soffocata dai fumi di un incendio divampato nell’appartamento in cui viveva, al quarto piano di una palazzina di Xuchang, in Cina. La donna aveva gettato due lenzuola dalla finestra e, dopo essersi assicurata che i vicini per strada le avessero afferrate, ha lanciato prima il figlio di nove anni e poi la figlia di tre. Subito dopo, la donna ha perso le forze. I vigili del fuoco l’hanno trovata svenuta, accanto alla finestra. All’ospedale, non è stato possibile rianimarla. Entrambi i figli si sono invece salvati.
Gravità
Dopo il parto
ogni madre allatta coi figli
una piccola morte:
li prepara a scordarla quel tanto
che basta alla vita.
Li cresce, li vuole leggeri più forti.
Leggeri
lo saranno abbastanza?
Ora il fumo ha riempito la stanza.
Il suo istinto
le grida: sono i tuoi sono tutto
non darli.
Ma lei getta due lenzuoli di sotto
e nel vuoto assoluto
dopo il primo, il secondo
dei corpi.
Intervallo infinito.
Poi il suo fiato si spezza.
Resta sola là in alto
per assenza di peso.
L’ha sfinita quel salto
che salva, il cordone reciso
dall’ultima spinta
con la quale l’amore
inventa, diventa il suo estremo:
violenza.
*
Arland Dean Williams Jr. era uno dei passeggeri a bordo del volo Air Florida 90, che si schiantò nel fiume Potomac poco dopo il decollo da Washington, DC, il 13 gennaio 1982. Arland che, insieme ad altri cinque sopravvissuti, attese i soccorsi aggrappato ai rottami della coda dell’aereo passò di volta in volta a chi gli stava accanto il salvagente lanciato dall’elicottero. I cinque vennero tratti in salvo. Quando l’elicottero tornò per Arland, lui era ormai affogato. Aveva 47 anni.
Due forze
Due forze in gioco:
il gelo compatto del fiume
e l’incerta presa dei pochi
rimasti
aggrappati ai resti della coda.
Tra loro, uno più vigile di tutti.
Calato dall’alto, il salvagente.
Lui lo passa
a chi gli è più accanto
una volta, due, tre, quattro.
He’s the last man in the water.
L’ultima cima
non trova più la stretta delle mani.
È scomparso
sott’acqua, sotto i rottami.
Due forze in gioco:
la natura imparziale
e la scelta
dell’uomo che sposta
di tre quarti d’oncia [1]
l’ago della bilancia.
[1] Corrispondenti a 21 grammi, considerati il peso dell’anima.
Note/ recensioni/ estratti
“Oltre l’intimismo: Marisa Tolve e Raffaela Fazio sui drammi del presente”
Articolo di Maria Clelia Cardona sul numero 150 di “Leggendaria”
È opinione abbastanza diffusa che la poesia scritta da donne sia per lo più di tipo autobiografico, o comunque intimistica e concentrata sull’ascolto e la valorizzazione dei propri sentimenti. In realtà, con lo sviluppo del femminismo, le tematiche legate al rapporto fra la condizione femminile e la realtà politico-sociale hanno frantumato la bolla in cui l’espressività delle donne era racchiusa, aprendo la strada alla possibilità di misurarsi con le tensioni civili del nostro tempo. Fra i numerosi casi vorrei ricordare due libri recenti, diversi ma convergenti nel bisogno delle autrici di superare i limiti della propria esperienza individuale per integrarsi nel sentire della collettività. Ne “L’ora incrinata” di Marisa Tolve il volano è dato dalla cronaca, che sottopone alla riflessione quanto accade nel mondo o nella società: scorrendo i testi troviamo un ampio seguito degli eventi che hanno segnato il nostro tempo, imprimendosi nelle coscienze, suscitando reazioni emotive, indignazione, condanne, spesso di breve durata, com’è nella natura dell’informazione mediatica. Svariate poesie sono dedicate alle tragedie dell’immigrazione (Sono fuggito dalla guerra, Centinaia gli annegati, Esodo, S’innalzano tombe, Tribù migratorie, Ideale crudele, Per non dimenticare, L’ora incrinata): è una «fiumana di voci d’ombre», di esseri «cacciati dalla vita», di bambini annegati, gonfi di sale, di «Corpi che furono parola e sorriso» destinati alla crudeltà del silenzio. Tolve è anche psicoanalista, e come tale promuove la partecipazione emotiva – sdegno, compassione, impegno – ai drammi del nostro tempo, per contrastare il logoramento dell’abitudine. I temi sono noti, ma chiedono un’attenzione che chiami in causa quella particolare forma di intelligenza che nasce dalle passioni. Ed ecco in Donne violate in Africa si ribellano «un canto impedito da secoli» da un velo che preme sulla bocca trova finalmente espressione, volo. Mentre in Fondamentalismo, Isis, Palmira, Guerra in Siria 2019, si punta lo sguardo sulla violenza, i massacri, il fanatismo di chi distrugge vite e monumenti millenari… E infine il ricordo della Shoah (Giorno della memoria, Braccio tatuato, con Liliana Segre che diventa «poesia necessaria»). Si procede dunque lungo un tracciato di orrori, dai quali non manca il femminicidio di Fabiana, bruciata viva sul prato dal suo ragazzo (Fabiana). C’è poi da notare che sono assai rari i libri di donne dedicati esclusivamente alla poesia civile: in genere nelle donne le tematiche politiche o sociali compaiono insieme a temi che riguardano la vita privata, come a volerne sottolineare la non estraneità, l’incidenza nella nostra psiche. Anche Tolve dispone il suo “Canto dell’orrore” in contiguità con sezioni nelle quali parla della sua vita, degli amici scomparsi (belle le poesie dedicate ad Amelia Rosselli), degli amori, del declino degli anni. In quella «luce intessuta di tenebre» sono però disseminate briciole di speranza: «La vita è ricordarsi / di frammenti di gioia posseduta» scrive.
Diverso, come si diceva, ma incentrato su un’analoga campionatura di efferatezze e sciagure contrastate dalla solidarietà è “Meccanica dei solidi” di Raffaela Fazio. Scritte in italiano e accompagnate dalla traduzione in inglese di Patrik Williamson, le poesie riguardano tredici storie i cui protagonisti sacrificano la loro vita per salvarne un’altra. Nella prima, Aula 204. Meccanica dei solidi, un anziano professore ebreo di origine rumena, sopravvissuto alla Shoah, nel corso di un attentato chiude la porta della classe, e impedisce con il suo corpo all’omicida di entrare, permettendo agli allievi di mettersi in salvo uscendo dalla finestra. Sarà lui a morire colpito dall’attentatore: «(A questo / è infine destinata / la luce / covata in lunghi anni?)». Di grande forza è anche Lo scambio, in cui si ricorda che in Bielorussia durante la Seconda guerra mondiale Marianna Biernacka, una contadina di cinquantacinque anni che ha perso quattro figli in guerra, in occasione di una rappresaglia per l’uccisione di un soldato tedesco chiese e ottenne di essere fucilata al posto della nuora Anna, incinta di otto mesi e madre di un bambino di cinque: «Davanti al drappello /… / già sente che spunta / qualcosa dal sangue / – non solo da quello / di chi, gridando, partorisce». Nel libro compaiono altri episodi simili di abnegazione e sacrificio, tratti dalla cronaca contemporanea. Può accadere che alla forza criminale della violenza o a quella indifferente della natura si contrapponga una scelta umana «che sposta / di tre quarti d’oncia / l’ago della bilancia», mossa dall’imperativo del difendere, salvare chi è in pericolo. Raffaela scruta il punto indefinibile in cui la salvaguardia di sé cede, sospinta da una forza di maggiore e misteriosa intensità, cui l’autrice guarda con composta emozione e una sorta di ritrovata fiducia.
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